Il ct azzurro Roberto Mancini in una intervista al Corriere dello Sport parla del calcio italiano, di futuro e, ovviamente, di Nazionale. Di seguito alcuni passaggi interessanti:
I PROBLEMI DEL CALCIO ITALIANO - «L'anno 2018 del calcio italiano è finito nel peggiore dei modi, pensavamo che l’epoca della violenza dentro e fuori gli stadi fosse finita, invece ci è scappato di nuovo il morto, stavolta a Milano. La situazione sta diventando drammatica, non si può morire andando a vedere una partita di calcio, è arrivato il momento in cui le istituzioni intervengano: qualcuno deve prendere decisioni importanti, drastiche, anche impopolari per porre fine a questa collana di morti insopportabili. Sono stato per tanti anni in Inghilterra, dove la situazione era altrettanto drammatica: oggi i tifosi vedono le partite a contatto con i giocatori, non ci sono ostacoli tra loro e il campo. Perché in Italia non si può entrare in uno stadio serenamente, senza rischiare una bastonata in testa o una coltellata? E poi tutto quel razzismo, oggi che anche in Nazionale abbiamo dei giocatori di colore. Manca una vera cultura sportiva, il mondo è cambiato e in troppi non se ne sono accorti. Bisogna che i genitori facciano i genitori e inizino a educare i propri figli. Questa è la base di partenza, poi servono - come ho detto - prese di posizioni impopolari. I buuuu razzisti non hanno senso, non c’è una squadra dove non ci sia un nero, perché allora insultare quelli della squadra avversaria? Fermiamoci, se necessario, fermiamoci noi, come dice Ancelotti se le istituzioni non sono in grado di risolvere questo problema vergognoso».
LA NAZIONALE - «Diventare ct della Nazionale era un sogno che si è realizzato. Quando giochi in quella squadra, sai di essere entrato a far parte di un’élite di calciatori importanti, ti misuri con il meglio di tutto il mondo. Quando la gestisci in panchina, sei consapevole di rappresentare il tuo Paese, occupando un ruolo importante: a volte il calcio, nonostante la rabbia per quello che ho detto all’inizio dell’intervista, regala emozioni che fanno bene alla gente. Io voglio allenare con questo spirito: provare a vincere gli Europei e i Mondiali, sì, ma anche trasformare la squadra in un motivo di orgoglio per la nostra gente. Quando ho conquistato la Premier a Manchester, ho indossato subito il tricolore: era la mia dedica, mi sento un italiano vero».
I PRIMI SEI MESI DA CT - «Sono contento, penso di aver costruito un bel gruppo, una Nazionale speciale e divertente. Sulle tracce di quella delle notti magiche del 1990. Sto lavorando pensando al futuro: guardo i giovani, li studio, li preparo e li faccio giocare. Penso che le ultime partite abbiano ricreato una bella armonia tra la squadra e la gente dopo una delusione insopportabile. Vedere i Mondiali senza di noi è stata dura».
L'INTUIZIONE ZANIOLO - «Lo avevo seguito nell’Under 19, come Tonali. E mi accorsi che aveva delle qualità non comuni per un ragazzo così giovane, che si misurava ancora in Primavera. Rispetto agli altri, aveva più fisico e più qualità. Volevo vederlo subito e oggi penso che i fatti mi abbiano dato ragione. E’ diventato un titolare della Roma. Zaniolo è il talento del futuro. Il paragone con Totti? Questo è il bello e il brutto di Roma, intesa come città. Un giorno è tutto nero, un giorno è tutto bianco. Poi esiste una via di mezzo. Per me lui non è un Totti ma un interno di sinistra o di destra che può realizzare molti gol. Tanto è vero che Di Francesco lo utilizza per attaccare: Zaniolo ha fisico, potenza e tiro».
(Intervista a cura di Alberto Dalla Palma)